Successione: creare una partnership fra fratelli e sorelle efficace
- Paolo Morosetti
- 12 feb 2024
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 1 mar 2024

Il caso della famiglia Martini
All'età di sessanta due anni Giorgio Martini decise di assumere un amministratore delegato per guidare l'azienda da lui fondata. La scelta fu motivata dall'esigenza di professionalizzare l'organizzazione e ritagliarsi più tempo per pensare alla crescita.
Nella sua famiglia nessuno ebbe da eccepire quando annunciò la decisione in occasione di un pranzo domenicale: "ho deciso di fare il passo indietro!". La moglie e i tre figli ne presero atto come era avvenuto tante altre volte nel passato. Tutti erano consapevoli di quanto Giorgio si fosse prodigato senza sosta per dare un futuro alla sua impresa.
A cinque anni dall'insediamento del nuovo amministratore delegato, il ruolo della seconda generazione in azienda non subì modifiche. Il primogenito, Davide, da quindici anni in azienda dopo che i genitori lo avevano fortemente consigliato di non perdere troppo tempo con altre esperienze lavorative "poco utili", continuava a ricoprire il ruolo di responsabile di un'area commerciale. La sorella minore Lisa, dopo qualche anno in una società di revisione internazionale, continuava a occuparsi di sostenibilità.
La figlia minore, Laura, non era invece coinvolta nelle questioni aziendali avendo preferito intraprendere una carriera come architetta d'interni.
Fra tre d'anni Giorgio compirà settant'anni mentre Davide varcherà la soglia dei quaranta. In famiglia si è sempre dato per scontato che i figli subentrassero ai genitori nella proprietà e in parti uguali, ma in realtà dell'argomento non si era mai parlato per rispetto verso Giorgio. "Che non pensi che lo stiamo buttando fuori dall'azienda!": commentò Lisa quando le fu chiesto perchè non si poteva riflettere su queste cose.
A dire il vero, nessuno aveva mai sondato se i fratelli e sorelle fossero veramente interessati a dare continuità all'impresa. Era una cosa data per scontata dai loro genitori.
Giorgio sul tema aveva idee chiare: "La proprietà passerà in parti uguali ai miei figli perchè li voglio trattare allo stesso modo". Sua moglie, sorridendo, commentò le parole del marito in questo modo: "I figli si vogliono bene, ma guai a trattamenti privilegiati. Fin da piccoli tutti e tre erano pronti a rivendicare quanto dovuto con un bel: anche io!".
Come far funzionare il futuro assetto proprietario? Neanche domande come le seguenti non furono mai affrontate:
Quale ruolo dovrebbero avere i figli in un'impresa affidata a un amministratore delegato esterno alla famiglia?
Dopo l'amministratore esterno, si può pensare di nominare uno dei figli/ figlie in questa posizione?
Si può immaginare che i figli in azienda possano co-gestirla come co-amministratori delegati?
In quanto proprietari, le decisioni si prendono all'unanimità oppure per consenso?
Giorgio pensava di aver sistemato il tema della successione nominando un amministratore esterno competente e capace. In realtà con il passare del tempo realizzò che alcune scelte rimanevano ancora sospese per non turbare l'equilibrio familiare.
Nella seconda generazione, Davide era ben consapevole dell'esistenza di differenze di pensiero e carattere con sua sorella Lisa. C'era poi la questione di Laura che aveva un marito molto in gamba e apprezzato dal padre che voleva proporgli di entrare nel consiglio di amministrazione della società dove nessuno dei tre figli - però - era ancora formalmente coinvolto.
Di recente Davide aveva chiesto a suo padre quando sarebbe stato nominato in consiglio. La risposta fu insolitamente netta e rapida: "fino a quando tu e tua sorella ricoprite ruoli organizzativi a riporto dell'amministratore delegato esterno è preferibile che siate solo invitati, per non dare un segnale di nepotismo".
Dal fondatore alla partnership fra fratelli e sorelle
La storia della famiglia Martini fotografa una situazione ricorrente. Un fondatore che affronta il tema del passaggio generazionale con piglio aziendalistico, ma meno esperto nella navigazione delle dinamiche familiari e proprietarie. Un gruppo di fratelli e sorelle non aiutati a diventare business partner.
La teoria e la prassi affermano che il passaggio dalla prima alla seconda generazione è tra i più complessi. Sperimentare o procrastinare le decisioni sono le peggiori strategie da intraprendere.
La complessità insita in questa transizione deriva da due principali aspetti. Da una parte, essa avviene in un contesto aziendale spesso segnato da tante opportunità di crescita e dalla volontà di professionalizzare l'impresa. Sfide importanti che assorbono molte energie e attenzioni da parte del fondatore che si focalizza maggiormente sull'economicità e competitività dell'impresa trascurano il tema della continuità generazionale. In buona sostanza: i fondatori sono soventi abbracciare il motto business first! Dall'altra parte, tale transizione richiede un cambiamento "epocale" nella governance. Dalla "monarchia" alla "oligarchia". Un team di fratelli e sorelle nella proprietà [stesso discorso potrebbe essere applicato a un team di cugini cresciuti come fratelli e sorelle] è una sorta di oligarchica che deve saper sostituirsi alla monarchia del fondatore.
La parola chiave in questi frangenti è teamwork che non significa che tutti devono fare le stesse cose o ricoprire gli stessi ruoli. Bisogna saper bilanciare differenze e attese - tavolta in competizione fra loro - per definire la rotta comune e stabilire come la partnership debba lavorare per essere efficace.
La capacità di teamwork si associa, in particolare, con lo sviluppo di quattro fattori virtuosi:
ascolto;
comunicazione;
gestione dei conflitti;
processi decisionali condivisi.
I fattori critici di successo di un team proprietario
La letteratura di family business ha individuato alcuni fattori critici di successo per creare un team proprietario di fratelli e sorelle efficace, fra i quali:
Scopo condiviso: i componenti del team devono aver chiaro e condividere perché vogliono lavorare insieme come business partner nel lungo termine.
Visione condivisa: il team proprietario deve essere in grado di formulare degli obiettivi di lungo periodo per l'impresa affinché coloro che ricoprono ruoli di governance e di leadership aziendale - familiari e non familiari - sappiano impostare la gestione e misurarne il successo.
Valori condivisi: un team efficace condivide valori forti, ossia un insieme di comportamenti, principi e assunti che guidino le dinamiche relazionali affinché si esprimano in modo positivo, costruttivo e non distruttivo. Alcuni valori che favoriscono generalmente il funzionamento di un team sono il rispetto, la responsabilità, l'integrità, la trasparenza e la fiducia.
Obiettivi organizzativi: un team deve anche saper stabilire degli obiettivi di azione per indirizzare la sua operatività. Per esempio, in una certa fase storica si potrebbe lavorare sulla revisione dello statuto aziendale oppure la redazione di un patto parasociale. In altre fasi potrebbe essere più utile pensare alle regole di ingresso per la nuova generazione.
Formalizzazione: un team è efficace se la sua governance viene formalizzata, distinguendo quella familiare da quella proprietaria e aziendale. Chiarezza nei ruoli, processi e responsabilità è un fattore chiave.
Gestione della comunicazione fra insider-outsider: i team proprietari possono essere composti da soci operativi in azienda e soci non operativi (insider e outsider). Chiarire bene cosa, quando e come bisogna comunicare a tutti i membri del team in quanto soci è fondamentale. Questo non significa che qualunque informazione sull'azienda debba essere disponibile a tutti, ma che sia almeno chiaro quale informazione è fatta circolare a tutti e per quale fine.
Coinvolgimento dei coniugi e partner stabili: un team funziona meglio quando affronta - senza tanti giri di parole - il ruolo che coniugi e partner stabili possono giocare nella dinamica proprietaria e relazionale. È noto che "tenerli alla porta" non sia una grande scelta nel lungo termine. Se coinvolti in modo appropriato, invece, coniugi e partner stabili possono contribuire a facilitare il passaggio verso la generazione successiva.
Capacità di scelta della leadership: un team ha il compito di definire la futura leadership avendo cura, se possibile, di separare la decisione di chi sarà il leader della famiglia da quello o quella che sarà il leader dell'impresa. In un team efficace questo tipo di scelte sono assunte facendo prevalere la ragione sull'emotività per selezionare leader in grado di portare risultati sul piano dell'armonia familiare o delle performance aziendali.
Il ruolo dei genitori
Se da una parte si sprona i giovani a prendere l'iniziativa per passare da una monarchia a un oligopolio, bisogna anche riconoscere che i genitori giocano un ruolo chiave nel creare le precondizioni per il successo nel cambio di forma di governo.
I genitori sono il primo modello di riferimento per i figli quando si confrontano con il concetto di team. Se lavorano bene insieme, daranno l'esempio. Se incontrano difficoltà di coppia, dovrebbero impegnarsi a spiegare ai figli che le loro difficoltà non faranno venire meno il loro desiderio di occuparsi insieme dei figli.
Educando i figli, i genitori possono indirizzarli nel fare squadra e apprezzare il valore dell'unione già dall'età adolescenziale. Gestendo la relazione con i figli possono anche prevenire o depotenziare il fenomeno della rivalità fra fratelli e sorelle affinché si eviti che dinamiche adolescenziali si perpetuino in età adulta, influenzando negativamente il funzionamento della proprietà o dell'impresa.
Per esempio, in età adolescenziale bisognerebbe coinvolgere i figli in progetti e attività che li portino a lavorare insieme, che educhino all'accettazione delle differenze di personalità e comportamento e che creino un set di valori condivisi per apprezzare quanto l'unione sia forza. Inoltre bisogna spiegare che equità di trattamento non significa automaticamente dare a tutti le stesse cose oppure offrire le medesime opportunità.
Quanto alla rivalità fra fratelli o sorelle, essa la si può prevenire o ridurre quando i genitori evitano di assumere atteggiamenti di trattamento privilegiato a favore di un figlio o una figlia oppure di esercitare il controllo sulle loro vite anche in età adulta per influenzarne le scelte personali e professionali, con il risultato di metterli in competizione fra loro.
Alla stessa stregua bisogna rifuggire dalla tentazione di ricorrere alla triangolazione per gestire le relazioni familiari. Quando un genitore anziché dare un feedback direttamente a uno dei propri figli, ne parla con un altro o altra affinché sia quest'ultimo a recapitare il messaggio, si sta creando una triangolazione. Questi comportamenti creano animosità fra figli perché è un modo per diffondere un clima di continuo confronto e critica reciproca.
Le raccomandazioni per la famiglia Martini
Giorgio è stato un ottimo imprenditore, ma è arrivato tardi all'appuntamento del passaggio generazionale poiché i figli, ormai adulti, hanno codificato e interiorizzato una storia di relazioni e dinamiche familiari.
Davide è fra i tre quello meno soddisfatto di quanto sta avvenendo e alla soglie dei quarant'anni sta cominciando a fare un bilancio personale: che cosa ha costruito, cosa ha imparato, cosa poteva fare diversamente, quanto è felice e cosa potrà o vorrà fare in futuro.
Nella famiglia Martini si può ancora aprire un tavolo per trasferire potere decisionale alla nuova generazione partendo però da due principi di fondo.
il fondatore deve pianificare la sua uscita dal ruolo di "capo" famiglia e dell'azienda con chiarezza e una certa rapidità, per non creare alibi ai figli. Può diventare un mentor in questa fase della vita;
i figli devono prendere maggiormente l'iniziativa e dimostrare di essere capaci di teamwork combinando dinamiche affettive fra fratelli e sorelle con quelle di business partner .
Se uno dei figli o delle figlie non fosse interessato o interessata a diventare un business partner, bisognerà trovare una soluzione per liquidarlo o liquidarla: non è un fallimento, ma la exit strategy per preservare l'armonia familiare.
Articolo scritto da: Paolo Morosetti




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