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Strategia: cosa cambia nelle PMI a controllo familiare?

  • Paolo Morosetti
  • 24 mar 2024
  • Tempo di lettura: 9 min

Aggiornamento: 20 ott 2024

di Paolo Morosetti


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E' noto che la dimensione aziendale sia un criterio importante per distinguere le imprese di piccola e media rispetto a quelle di grande o grandissima dimensione. Tale criterio, quando si tratta di strategia aziendale e gestione strategica, potrebbe essere altrettanto importante per fare qualche considerazione utile per coloro che hanno responsabilità di gestione e imprenditoriali. In maggior dettaglio, le domande che si intende affrontare in questo post sono:


  • I contenuti di una strategia per un’organizzazione di piccola o media dimensione differiscono da quelli per una di grande dimensione?

  • Il governo della strategia per un’organizzazione di piccola o media dimensione differisce da quello per una di grande dimensione?

 

PMI: differenze da Paese in Paese, non solo dal settore

 

Sul piano istituzionale si osserva che le variabili di classificazione delle imprese in funzione della dimensione si modificano varcando i confini geografici: quando si guarda all’India oppure all'America il concetto di Piccola e Media Impresa (PMI) è inteso in modo differente che in Europa, dove peraltro si invoca da più parti una revisione della definizione attualmente in vigore.


La classe dimensionale dipende poi dal tipo di attività economica svolta: ci sono parametri per le imprese manifatturiere e altri per quelle di servizi.


In ultimo, la scala può essere interpretata anche in fuzione della struttura dell’offerta del settore dove l'impresa compete. In un settore capital intensive e internazionalizzato come quello del vetro cavo, per esempio, ciò che appare oggettivamente medio o grande secondo i parametri europei, può essere inteso da chi guida l'impresa come una realtà ben più piccola: “la nostra azienda fattura oltre 250 milioni di euro, ma è piccola poiché competiamo con tanti player che raggiungono fatturati di qualche miliardo di euro”. In buona sostanza, può esistere una percezione relativa sulla dimensione aziendale che influenza l'orientamento strategico di fondo dell'impresa.


Strategia: i contenuti essenziali sono i medesimi, l'articolazione cambia


Una strategia può essere intesa come l’individuazione di fini e di obiettivi da conseguire attraverso l’adozione di adeguate linee di azione e l’impiego delle risorse necessarie per ottenerli (Terzani 1998).


  • I fini sono i traguardi di fondo e di lungo periodo della gestione aziendale (interpretano la missione che l’azienda è impegnata ad assolvere).

  • Gli obiettivi sono i risultati intermedi, raggiungibili nel medio periodo, e concorrono a realizzare i fini prestabiliti.

  • Le linee di azione includono le differenti decisioni da intraprendere.

  • Le risorse includono quelle tangibili, intangibili, umane e le competenze che per loro natura sono scarse e limitate.

Una strategia può essere di successo o di insuccesso. Nel primo caso, il disegno strategico complessivo porta l'impresa a creare valore economico e sociale e ciò è possibile perchè a livello competitivo, i business nei quali l'impresa investe sono in grado oppure hanno il potenziale per conseguire e mantenere un vantaggio competitivo.

 

La strategia è sempre in divenire e i suoi elementi costitutivi sono da valutare in una prospettiva unitaria, mai parziale. Aggiungiamo che il sistema e la logica sottostante a una strategia formano non solo un disegno unitario e dinamico, ma anche uno che dovrebbe essere distinto da attributi quali la completezza, la coerenza e l'allineamento.


La completezza dipende dalla capacità del disegno di coprire tutti i temi decisionali rilevanti per competere.


  • In quanti business opera l’impresa?

  • Qual è la strategia di portafoglio?

  • Qual è la strategia competitiva in ogni business?

  • Perché certi business devono essere gestiti congiuntamente?

  • Quali decisioni a livello di governance, organizzazione e leadership per competere?

  • Quale grado di integrazione dei temi di sostenibilità nel disegno strategico?

Si potrebbe continuare su questa falsa riga elencando la molteplicità di decisioni da prendere. Il messaggio di fondo è che chiarezza evoca sia una articolazione completa di domande e risposte che una loro comunicazione efficace verso gli stakeholder.


Un disegno, oltre che chiaro, dovrebbe essere coerente. Obiettivi, decisioni e azioni devono coniugarsi efficacemente fra loro per non procedere in modo disorganizzato, anche sul piano temporale.


L’attributo allineato evoca infine un'esigenza intuitiva e ineluttabile: la strategia deve allineare l'impresa, ossia il suo contesto interno caratterizzato da risorse, competenze e processi, alle opportunità e minacce che scaturiscono nel suo ambiente esterno di riferimento, tanto nell’immediato quanto nel futuro.

 

Si potrebbe ora osservare che il concetto di strategia qui presentato già racchiude dei profili di valutazione del suo successo. Una strategia non chiara, coerente e allineata è difficile che porti risultati positivi.

Sulla valutazione della strategia ci sarebbero da aggiungere altri aspetti di una certa rilevanza. Fra tutti merita ricordare che un disegno di successo dovrebbe esprimere profili di unicità difficilmente imitabili dai concorrenti (Porter, 1996), in caso contrario potrebbe essere facile costruire una posizione di vantaggio competitivo non duratura ossia che verrà facilmente imitata.


Tornando alla prima domanda dalla quale scaturisce questo post, riteniamo che il concetto di strategia non sia influenzato dalla dimensione aziendale. Più precisamente, gli elementi costitutivi sono sempre gli stessi mentre può variare l’articolazione del disegno ossia il numero di decisione da assumere che dipende dal numero di business dove l'impresa desidera competere.


In una grande impresa l'articolazione della strategia è generalmente molto elevata poichè elevato è numero di business in portafoglio. Per ognuno si dovrà formulare una strategia competitiva e, poi, servirà una strategia aziendale (oppure corporate strategy) che indirizzi l'essere multi-business con tutte le conseguenze organizzative del caso.


In un'organizzazione di piccola o media dimensione l'articolazione è usualmente più modesta perché queste imprese competono in un numero limitato di business. Questo rende la formalizzazione del pensiero strategico più semplice.

Tuttavia può presentarsi anche un paradosso. Si può competere in un solo business con una dimensione aziendale molto elevata e un fabbisogno di progettualità strategica moderato. All'opposto si può operare in più business con una dimensione aziendale più contenuta, ma con l’effetto di dover concettualizzare e governare una strategia più articolata e per la quale servono tante “risorse intellettuali” per formularla bene.


Quindi le organizzazione di piccola o media dimensione dovrebbero monitorare con attenzione il loro raggio di azione: tanti business in portafoglio implica maggiore necessità di articolare il pensiero strategico e di ordinare le decisioni fra quelle a livello aziendale e quelle a livello competitivo.


La sostenibilità come premessa strategica comune a tutte le imprese

 

Giunti a questo punto qualcuno o qualcuna potrebbe chiedersi come mai non compare esplicitamente la parola sostenibilità nella definizione proposta di strategia. Posto che si potrebbe affermare, per esempio, che il vantaggio competitivo da costruire debba essere anche sostenibile, preferiamo procedere in altro modo su questo terreno richiamando il concetto di scopo dell’impresa (purpose).


La definizione di purpose che più ci ha colpito è quella proposta dal prof. Meyer della Saïd Business School dell'Università di Oxford : “Lo scopo [purpose] dell'impresa è produrre soluzioni redditizie ai problemi delle persone e del pianeta, e non trarre profitto creando problemi per le persone e il pianeta”. Una corretta formulazione del purpose presuppone che i temi della sostenibilità non siano intesi come mera osservanza delle leggi e regolamenti, ma come volontaria manifestazione di una responsabilità che esprime valori etici e morali di alto livello e che influenza la progettazione e la gestione complessiva dell'impresa.

 

Quando il purpose è presente e ben formulato, la definizione della strategia e il governo dell'impresa saranno pertanto proiettati verso un obiettivo di sostenibilità.


Governo della strategia: si premia una gestione emergente, ma ci sono rischi da monitorare

  

Henry Mintzberg (2008) insegna che il termine strategia ha varie interpretazioni e declinazioni nella pratica aziendale con il risultato di comporre un ventaglio di processi di governo strategico molto differenti fra loro. Proviamo a semplificare questo pensiero esteso, rigoroso e pieno di sfumature in cinque categorie.


In talune imprese si pianifica molto oppure si formalizzano delle linee guida in road map che stabiliscono il perimetro d’azione all’interno del quale si svolge la gestione operativa dell'impresa. Un governo strategico di questa natura, che è arte del pianificare ed è assimilabile a un processo che porta a una strategia deliberata, presuppone una capacità di anticipare le evoluzioni del contesto e le complessità che si potrebbero incontrare in fase di realizzazione. Il pensiero anticipa l’azione e serviranno tempo e risorse per analizzare, valutare e scegliere bene nonché grande attenzione nella fase di controllo per intervenire con opportune revisioni strategiche ogni qual volta si registra un gap fra intenzioni e risultati.


In altre imprese il governo della strategia è meno frutto di deliberazioni a priori e realizzazioni in buona parte ordinate e prevedibili. Si sfruttano maggiormente le opportunità che emergono in modo non pianificato, anche a seguito della necessità di reagire a qualche stimolo esterno. Questo modo di procedere cristallizza un governo strategico detto emergente: meno pianificato e, nel contempo, più “imprenditoriale”, flessibile, agile oppure reattivo. In queste circostanze, la strategia è più facile raccontarla una volta emersa poichè la sua formalizzazione ex ante appare scarna o molto semplice perchè si fonda su pochi assunti. Quando il governo strategico si affida all'emergente è poi raro che sia disponibile un piano strategico o un business plan. La gestione della strategia rimane soessonella testa di chi ricopre il ruolo dell'imprenditore o del capo azienda.


Altre imprese esprimo un governo strategico che definiamo sub-emergente. Serve una analogia per cogliere la differenza. Immaginiamo che l’impresa sia equiparabile al celebre Titanic in navigazione. La nave sta proseguendo verso una meta definita, deliberata, ma non si accorge che intorno a sé ci sono tante minacce dovute a un contesto che sta rapidamente o inaspettatamente evolvendo. Si comincia a reagire, ma non in modo adatto, sufficiente o coordinato. Si fanno tentativi su tentativi. Il Titanic, nel frattempo, continua a imbarcare acqua. Qualcuno o qualcuna crede che si stia ancora navigando verso la meta e balla sulla tolda. Altri sono impegnati in “attività di pompieraggio” in sala macchine. C'è disordine nell'organizzazione con il risultato che un governo sub-emergente è un mix fra qualche deliberazione e tante reazioni disordinate. In questo approccio si intravvedono naturalmente dei fattori che portano a un giudizio negativo su esso o, quanto meno, “di allerta” per i rischi che si corrono.


Quando il livello di disordine, incoerenza o disallineamento strategico predomina, il governo della strategia è emergenziale. In questi frangenti si è persa la capacità progettuale, si è in “balia della giornata” e la formulazione e realizzazione della strategia non esprime una prospettiva di lungo periodo. In fase emergenziale può manifestarsi il paradosso che l’azienda “non vada male oppure perfino benino", ma la mancanza di una direzione innesca ansie e preoccupazioni diffuse sul futuro poichè "si fanno cose, ma non è chiaro il perchè".


In ultimo il governo della strategia può essere improntato alla rifocalizzazione. E’ una approccio del tutto specifico volto a riperimetrare il raggio di azione dell’impresa per concentrarsi su poche attività economiche dove costruire una posizione competitiva robusta e più sostenibile sul piano strategico. L’azione di rifocalizzazione si sostanzia nel “mettere ordine”, semplificare e focalizzare le risorse disponibili facendo ampio ricorso ad attività strutturate di diagnosi, formulazione e scelta strategica.

A differenza di un governo strategico deliberato, in questo frangente la discontinuità da rifocalizzazione è spesso motivata da un sistema finanziario non più disponibile a supportare le scelte aziendali oppure da una proprietà che chiede a chi guida l’azienda un deciso cambio di rotta per non essere lui o lei stessa messa in discussione. Durante una rifocalizzazione si apre un momento di confronto fra management e proprietà oppure fra impresa e stakeholder esterni per scegliere cosa fare e cosa non fare più.


Chiariti i cinque approcci, si può ora tornare alla seconda domanda alla base di questo post per affermare che il governo della strategia per un’organizzazione di piccola o media dimensione differisce da quello per una di grande dimensione dato che la preferenza di fondo nel primo caso è quella di combinare un approccio deliberato con uno emergente, dove il secondo predomina sul primo perché più vicino sul piano culturale con l’essere imprenditoriali. “Siamo una impresa flessibile, veloce  e innovativa, cogliamo le opportunità“: quante volete abbiamo sentito questa affermazione confrontandoci con gli imprenditori. Quindi pochi piani, qualche linea guida, poche teorizzazioni e tanta cultura del fare.


Questo modo di procedere, quando non gestito ad arte, tuttavia, è per tante organizzazioni di piccola o media dimensione la via maestra per trovarsi a sperimentare l’effetto Titanic oppure per entrare in una fase emergenziale. Pertanto quando si comincia a percepire che il combinato fra deliberato e emergente non funziona a dovere, bisognerebbe chiedersi con onestà intellettuale fino a quando sia fattibile procedere senza un governo un po' più meditato e strutturato per progettare il futuro che, nella pratica, significa, accentuare la fase deliberativa rispetto a quella emergente.

Nel corso del loro ciclo di sviluppo anche le PMI si trovano ad attraversare qualche momento di rifocalizzazione, ma con meno frequenza che le grandi imprese dove la "rifocalizzazione periodica" fa un po' parte del gioco: prima si cresce, poi ci si lamenta della eccessiva complessità raggiunta e, a ruota, ci si rifocalizza alla ricerca del core e di una eccellenza perduta.


Per rifocalizzassi bene è fondamentale aprirsi al confronto esterno. Serve uno specchio strategico per uscire dalle liturgie decisionali consolidate o dai pregiudizi o semplificazioni che chi guida l'impresa tende anche inconsapevolmente a perpetuare.


Interessante notare che durante le fasi di passaggio generazionale, quando la next generation vuole far sentire la propria voce, si potrebbero creare le premesse per una rifocalizzazione. Qui l'esortazione è di saper ascoltare e non trincerarsi subito in difesa della identità passata né preoccuparsi eccessivamente dell'impatto che il cambiamento innescherà sulle comunità di riferimento.


Conclusioni: PMI come fonte di peculiarità sul piano strategico e attenzione al passaggio generazionale


Alla prima domanda se i contenuti di una strategia per un’organizzazione di piccola e media dimensione differiscano da quelli di una grande dimensione, rispondiamo osservando che gli elementi essenziali sono sempre gli stessi. Il parametro da monitorare è il numero di business nei quali l'impresa compete: tanto maggiore, quanto più articolata sarà la strategia. Ciò detto, se la dimensione aziendale non è molto estesa, bisogna essere sempre prudenti a diversificare troppo i business per non rischiare di perdere di focus o perdere quel posizionamento di nicchia che ne decreta il successo.


Alla seconda domanda se il governo della strategia per un’organizzazione di piccola e media dimensione differisca da quella di una grande dimensione, rispondiamo notando che questo è quanto avviene nella pratica e già ben argomentato dalla letteratura. Nelle organizzazioni di minore scala c’è una tendenza ad affidarsi alla cultura dell’emergente. E' un vantaggio purchè non si scivoli verso ciò che abbiano definito come approccio sub-emergente o emergenziale che sono pratiche per raggiungere un insuccesso piuttosto che risultati da celebrare a lungo.


Infine, attenzione al passaggio generazionale che è un'occasione unica per avviare una rifocalizzazione strategica per rilanciare l'impresa o direzionarla verso nuove mete.

 
 
 

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